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Narcisisti perversi - Manipolatori - Vampiri psico-affettivi

Love Addiction - La Dipendenza Affettiva

La dipendenza affettiva è uno stato patologico nel quale la relazione di coppia è vissuta come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza.
Diventa la linfa vitale di cui quotidianamente nutrirsi.
Chi vive questo tipo di dipendenza attribuisce all’altro, oggetto d’amore, una importanza tale da annullare se stessi, non ascoltando i propri bisogni e le proprie necessità.
Tutto questo per evitare di affrontare la paura più grande: la rottura della relazione.
La persona che soffre di dipendenza affettiva vive costantemente nell’ansia di poter perdere la persona amata, ha bisogno di continue rassicurazioni da parte del partner e può sviluppare con il tempo anche un fenomeno di vera e propria “astinenza affettiva” nel momento in cui il partner è assente.

Le radici di questo disturbo possono essere ataviche e infantili, ferite mai guarite, basate sull’apprendimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza, e per questo si perpetuano nella relazione di coppia.
Il codipendente ama l’altro idealizzato, lo stesso amore che ha provato nella propria infanzia per un genitore irraggiungibile, che lo ha abbandonato, dal quale si è sentito tradito.
Per questo, la dipendenza si alimenta e si nutre del rifiuto, della svalutazione, dell’umiliazione, del dolore: non si tratta di provare piacere nel vivere tali difficoltà, ma di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di salvarlo, riuscendo a farsi amare da chi ama solo se stesso.
Amare un partner realmente affettuoso e gentile porta ad annoiarsi, invece lo stare sulla corda, il rifiuto, la mancanza di certezza muove il desiderio.
Naturalmente, si tratta di valutazioni errate che alimentano e mantengono il disturbo.

Il problema può anche non essere esclusivamente individuale e cioè collegato al passato degli individui coinvolti e in particolare alla loro infanzia bensì di una patologia che si coniuga nel presente, nel rapporto che si sta vivendo.
I dipendenti affettivi sono dunque prigionieri di pensieri, emozioni e comportamenti che derivano dal sistema di azioni e reazioni reciproche e non necessariamente da traumi primari legati al vissuto pregresso di un membro della coppia.
Chi intraprende una psicoterapia alla ricerca delle cause remote dei circoli viziosi in cui è intrappolato rischia così di perdere di vista i problemi attuali e aggrovigliare ancor più strettamente la matassa di nodi in cui è intrappolato.
La tendenza dei dipendenti affettivi è infatti quella di colpevolizzarsi di non essere amati e di andare alla costante ricerca di “qualcosa di rotto in se stessi” anziché riconoscere gli schemi dell’altro e le sue costanti mancanze nella dinamica della relazione.
Quando poi l’altro è un narcisista perverso il senso di inadeguatezza della “vittima” tocca culmini altissimi perché il partner, in quanto narciso, si muove nel rapporto col solo scopo di alimentare il proprio sé grandioso e non esita a demolire l’immagine, già fragile, della controparte.
Riconoscere identificare le modalità del narcisista perverso equivale a ristrutturare gradualmente la percezione idealizzata che ha insinuato nella “vittima” e a produrre in tempi brevi un cambiamento nel sistema interattivo che alimenta la dipendenza affettiva.
Ciò che sprofonda il partner del narcisista è innanzitutto la difficoltà a individuare con chiarezza l’inutilità delle proprie azioni all’interno del rapporto e rassegnarsi all’idea che qualunque cosa farà, sarà sbagliata.
Non c’è modo infatti di accendere l’amore nell’altro.
Anche quando il narcisista sembra avvicinarsi, ritornare sui suoi passi, anche quando sembra amare teneramente sta manipolando. E basta.
Manipola perché non tollera di perdere il controllo, di essere abbandonato e, soprattutto, di essere smascherato nella sua incapacità affettiva.
Chi si avvicina a un dipendente affettivo ha lo stesso deficit ma lo nega, ha sviluppato una modalità di evitamento: si toglie dalla relazione, minaccia l’abbandono e si rende interessante solo fuggendo.
Il dipendente affettivo chiede, mendica, insegue.
Il fuggitivo rifiuta, manda il messaggio che lui può fare a meno.
In realtà chi più sembra dipendere alla fine è la figura meno disfunzionale dei due.
Entrambe le figure sono bisognose.
Tuttavia chi implora presenza e continuità, almeno riesce a dare voce al proprio buco affettivo, è in contatto con il proprio sentire, lo esprime portandolo alla luce.
Chi invece sembra “fare senza”, è più mendicante di colui che mendica, poiché il suo mendicare diventa fagocitazione ed espulsione dell’altro.
Il fuggitivo non può permettersi di contattare il proprio bisogno, lo nega e di conseguenza nega anche l’altro.
Chi evita di entrare in intimità con l’altro ne è terrorizzato, la sua paura maggiore è quella di venire inghiottito e scomparire dentro alla richiesta dell’altro che pare infinita.


I sintomi della dipendenza affettiva:

  • terrore dell’abbandono e della separazione
  • evidente mancanza di interesse per sé e per la propria vita
  • paura di perdere la persona amata
  • devozione estrema
  • gelosia morbosa
  • isolamento
  • incapacità di tollerare la solitudine
  • stato di allarme e di panico davanti alla minima contrarietà
  • assenza totale di confini con il partner: la relazione è simbiosi e fusione
  • paura di essere se stessi
  • senso di colpa e rabbia

I tre errori che alimentano la dipendenza:

  • Il primo errore da evitare:
Tentare di smascherare il partner ponendolo davanti al suo egoismo, all’incostanza, alla ferocia dei suoi silenzi, alla violenza delle sue sparizioni.
Pur di mantenere integra l’immagine positiva di sé il narcisista si difenderà persuadendo la partner di essere inadeguata e pazza e giustificando i propri comportamenti come reazioni alla sua pochezza.
Oppure si adeguerà temporaneamente alle richieste della vittima al solo scopo di dimostrarle che ha torto, per poi tornare repentinamente alle usali modalità sadiche e anaffettive.
In questo quadro, ogni tentativo di smascheramento finisce per perpetrare lo schema della relazione e alimentare l’ossessione.
Per uscirne davvero occorre abbandonare l’esigenza di ottenere dall’altro scuse e ammissioni e prendere la decisione di agire con autonomia.
Sarà solo il primo passo, perché quando il narcisista perverso sente che la preda si allontano si attiva per ricatturarla ed è capace di ricomparire anche a distanza di mesi o di anni pur di ristabilire il suo potere.
Per farlo può ricorrere alla richiesta di chiarimenti, tentare la carta dell’amicizia o riproporsi in modo seduttivo.
  • Il secondo errore da evitare:
Accettare di “chiarire” la situazione faccia a faccia nella consapevolezza che si tratti di una trappola per continuare il massacro.
Per la vittima è una decisione difficile perché, più o meno consciamente, subisce con stupore il fascino del riavvicinamento di qualcuno che credeva la disprezzasse e che, all’improvviso, assume un atteggiamento interlocutorio sulla relazione.
La parola d’ordine è “No”.Non vedersi, non “chiarire” nulla, non avere più nulla a che fare con l’altro almeno finché il percorso di liberazione e di emancipazione dalla dipendenza affettiva non sia compiuto.
  • Il terzo errore da evitare:
Mantenere aperta la comunicazione col narcisista perverso.
Niente sms, facebook, nessun contatto diretto o indiretto sono le chiavi per superare l’astinenza affettiva e concludere per sempre la relazione.
Infatti non si può “guarire insieme” dalla dipendenza affettiva quando è attivata dal narcisismo, non può in alcun modo essere un percorso congiunto ma il frutto di una elaborazione individuale della “vittima” che, sulla base del riconoscimento degli schemi dell’altro, conclude con determinazione e coraggio che l’unione in cui si era cimentata fosse realmente impossibile.




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